venerdì 30 maggio 2008

Bultmann e il Nuovo Testamento

La libertà dell’uomo, dalla Riforma fino ad oggi, prende il sopravvento; egli si libera delle obsolete istituzioni, delle antiche credenze e delle vecchie istituzioni.
Il cambiamento effettivo avviene, come ci si può immaginare, tramite i progressi e le scoperte scientifiche del XVII secolo.
In modo quasi magico la rivoluzione copernicana cambia tutta la concezione del mondo e della natura.
L’uomo diventa soggetto e oggetto della scienza, diviene essere di natura, gradualmente tutte le certezze confortevoli dell’essere fatto ad immagine e somiglianza di Dio vengono cancellate dal progresso delle ricerche, il Vangelo e la parola di Dio perdono di credibilità, l’uomo moderno si trova debole ed indifeso rispetto al destino. Egli vorrebbe credere, ma non ne è più in grado, a causa delle forti contraddizioni tra fede e scienza.
Come poter credere, o meglio, come poter accettare le dottrine del Nuovo Testamento è l’argomento di “Nuovo Testamento e mitologia”, uno dei più famosi libri (edito dalla casa editrice Queriniana, nella collana giornali di teologia, ultima edizione uscita nel 2005) di uno dei maggiori e importanti teologi del nostro tempo morto nel 1976, Rudolf Bultmann.
Il Vangelo, secondo la sua teoria, per poter essere accettato e compreso da noi moderni, deve essere demitizzato: una concezione mitica del mondo era possibile quando non vi erano conoscenze scientifiche certe.
La concezione del mondo muta, e anche il modo di interpretare il nuovo Testamento deve essere differente rispetto a quando è stato scritto.
Una cieca accettazione del Nuovo testamento sarebbe un arbitrio personale, una scelta di fede.
Difficilmente l’uomo moderno può accettare la tripartizione del cosmo, ancora più difficilmente può accettare le guarigioni miracolose; compito del teologo quindi, deve essere proprio quello di demitizzare il messaggio cristiano per poterlo rendere attuale, accettabile da tutti, senza la necessità di una cieca fede che potrebbe andare contro le scoperte moderne.
Il Kerygma, sebbene impregnato di visioni mitiche, non può essere cancellato, ma necessita di una revisione, deve essere interpretato criticamente.
Per Bultmann il messaggio che deve scaturire dal Vangelo è una apertura al futuro priva di paure; bisogna rinascere escatologicamente, essere una nuova creatura.
L’escatologia neotestamentaria inizia dal momento che, per il credente, il tempo della salvezza è incominciato: la vita futura è già presente.
Bultmann prende come riferimento il vangelo di Giovanni, dove Gesù è venuto al mondo e ha chiamato alla fede: “il giudizio è questo: la luce è già venuta nel mondo” (Giov. 3,19)
La fede diviene amore, un bisogno naturale dell’uomo, nulla di misterioso vi è in essa ed è per questo che va demitizzata, per riportarla al suo vero messaggio originario.
La fede cerca di mostrare all’uomo cosa esso sia esattamente come fa la filosofia, con la differenza, sostiene il teologo tedesco, che nella fede la naturalezza dell’uomo deve essere guidata dall’intervento di Dio. Nuovo Testamento e filosofia convergono sul fatto che l’uomo possa diventare cosa egli sia già, basta prendere coraggio delle proprie azioni e rendersene consapevoli.
Cristo serve a riscattare l’uomo che si è voluto rendere autonomo rispetto a Dio, e l’uomo, grazie al Suo intervento ritorna ad essere libero; libero di decidere se scegliere la fede, donandosi agli altri o rimanere semplice oggetto e soggetto di natura.
Gesù è un reale personaggio storico, scrive Bultmann, e la sua parola è un fenomeno socio-culturale: così la dottrina cristiana può essere accettata, poiché non viene più avvolta nel mistero sebbene rimanga un fatto di fede.
E’ proprio l’indimostrabilità specifica della fede che mette l’annuncio Cristiano al sicuro, e riprendendo le parole di Bultmann: “in questo modo viene affermato il paradosso della presenza dell’al di là divino nella storia: il verbo si è fatto carne”.
La dottrina cristiana fa in modo che all’uomo sia sempre offerto il momento della libertà. Ogni istante diventa escatologico, è una rinascita che può liberare l’uomo dal suo destino storico e renderlo libero.
A chi si lacera e non trova alcun senso nella storia e nella vita a causa della sfiducia nella modernità, Bultmann risponde di non guardare alla storia universale, ma cercare sicurezza nella propria storia personale. In ogni istante sonnecchia la possibilità di essere un istante escatologico, a noi lo svegliarlo.

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